Quando il Banco di Napoli emetteva moneta

09.02.2014 12:24

Il 30 aprile 1874, in virtù della legge Minghetti-Finali, il governo del Regno d’Italia, autorizzò il Banco di Napoli ed altre cinque banche, quali la Banca Nazionale del Regno, il Banco di Sicilia, la Banca Nazionale Toscana, la Banca Toscana di Credito e la Banca Romana ad emettere “ carta moneta “.

In seguito, dopo lo scandalo della Banca Romana del 1893, il privilegio di stampare la citata carta moneta fu concesso solo a tre banche, la Banca d’Italia, il Banco di Sicilia ed il Banco di Napoli.

Quest’ultimo agli inizi non disponendo di opportune attrezzature grafiche affidò, solo per un breve periodo, alla londinese Bradbury Wilkinson l’incarico della stampa della vecchia e gloriosa lira italiana.

Tempo qualche meseed in  via Fra Gregorio Carafa, nei pressi del maestoso e celebre Palazzo Fuga, alias Reale Albergo dei Poveri, furono sistemati ed approntati dei modernissimi macchinari, dove si trovavano gli stabilimenti della ditta Richter, i cui proprietari,i Ruesch, erano gli stessi dell’omonima e famosa clinica partenopea.

Un’attenta e scrupolosa disamina dei biglietti da 50, 100, 200, 500 e 1.000 lire confermò che questi tagli erano decisamente meravigliosi, ciò, anche per la felice scelta dei colori dominanti, quali l’arancione, il beige, il lilla, il rosso ed il verde; in seguito, previa autorizzazione del Governo, furono emesse anche banconote da 25 lire.

L’intento e la volontà a perseguire una politica antimeridionalista spingevano dei nostalgici epigoni del conte cavouriano  ad attivarsi, affinché al Banco di Napoli venisse tolto il reale privilegio di emettere carta moneta.

Grazie agli efficaci interventi di autorità del Sud, in particolare senatori e deputati del Regno, fu evitato di privare Napoli di questa concessione, che, pertanto, consentiva al direttore generale del Banco, responsabile riconosciuto di un istituto di emissione, di essere sovente convocato a Roma dai ministri delle Finanze e del Tesoro, tutte le volte che era necessario prendere importanti decisioni riguardanti l’economia nazionale ed, inoltre, il medesimo, in virtù della carica ricoperta, senz’alcun dubbio, poteva essere riconosciuto per importanza come l’antesignano dei futuri Governatori della Banca d’Italia.

Il governo italiano, presieduto da Mussolini con l’entrata in vigore della prima legge bancaria, la numero 812 del 6 maggio 1926, decretò la fine di quella che i Napoletani, orgogliosamente, avevano per anni identificata come la “ fabbrica dei soldi “, sostituendo l’allora direttore generale Nicola Miraglia con il ravennate Giuseppe Frignani.

Francesco Martines

 

 

 

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