I leoni di piazza dei Martiri

24.02.2014 08:36

L'attuale piazza dei Martiri, prima ancora di assumere questa denominazione, era conosciuta dai Napoletani come Largo S. Maria a Cappella, in virtù di una chiesa, che era stata costruita, per scelta del cardinale Francesco Boncompagni III nel primo ventennio del 1600 e poi demolita a metà del XIX secolo, perché pericolante.

Qualche secolo dopo essa cambiò, nuovamente, il proprio nome in quello di Largo della Pace, perché si volle così esaudire la volontà del sovrano Ferdinando II di Borbone che, sedata la rivolta, scoppiata in città il 15 maggio del 1848, desiderava che venisse eretto un monumento da dedicarsi alla Madonna della Pace, affinché quest’ultima fosse solennizzata ad imperitura memoria.

Fu scelta come area da edificare dapprima il Largo della Carità, ma l’architetto napoletano Achille Catalano, che all’epoca sovraintendeva ai lavori, a causa della notevole altezza della colonna di granito grigio, roccia proveniente dall’area del Garda, nonché dei marmi  bianchi di Carrara necessari per realizzare la base ed il capitello del monumento commemorativo, indicò il Foro Carolino, l’odierna piazza Dante, ma anche questa zona venne scartata, perché ritenuta inadatta.

Si preferì, in seguito, un altro architetto partenopeo, Enrico Alvino, indubbiamente, più noto del precedente, il quale aveva da poco ultimato di edificare il palazzo del generale Nunziante, che si affacciava sull’allora  Largo della Pace.

Grazie alla propria fama, già consolidata, l’Alvino riuscì a convincere le autorità interessate ad accettare il suo progetto, che prevedeva di erigere la colonna,  là dove oggi possiamo ammirarla.

Eventi improvvisi, come la morte del sovrano Ferdinando II,  il rabbioso sentimento dei rivoltosi dei moti ancora latente e l’arrivo, poi, del nizzardo con i suoi, non permisero il completamento dell’opera, così tanto desiderata dal re Borbone, lasciando, purtroppo, al centro della piazza, poggiato sulla propria base di marmo carrarese, un alto fusto di granito grigio, lavoro questo del romano Luigi Catalani, che doveva celebrare la riconciliazione nazionale, scossa dagli avvenimenti del 1848, ma, successivamente, solo dopo l'annessione al regno d'Italia, fu dedicata ai Napoletani morti per la libertà. 

Con l’annessione all’Italia nel 1861, l’allora sindaco di Napoli, Andrea Colonna di Stigliano, affidò allo stesso Enrico Alvino l’incarico di realizzare la colonna della pace in memoria dei martiri Napoletani.

La piazza ha la forma triangolare ed il monumento commemorativo è costituito dalla colonna che esisteva nel periodo borbonico con alla cima una statua, opera del beneventano  Emanuele Caggiano, rappresentante le "Virtu' dei Martiri".

Alla base ci sono quattro leoni, ognuno dei quali ha un significato simbolico:

il leone morente, scolpito nel 1866 dal potentino Antonio Busciolano, raffigura i caduti repubblicani del 1799;

il leone trafitto dalla spada, opera del 1868 del salernitano Stanislao Lista, è in onore ai caduti carbonari del 1820;

il leone dall'aspetto feroce, che nel 1868 fu  realizzato dal napoletano Tommaso Solari, ricorda i morti del 1860;

il leone indomito 1866 è, invece, del capuano Pasquale Ricca e sta a rappresentare i caduti liberali e  garibaldini del 1848 e del 1860.

Manca, secondo alcuni, un quinto leone, quello simboleggiante gli altrettanto valorosi soldati napoletani morti combattendo per difendere la patria duosiciliana.

Alla base marmorea vi è la dedica, scritta da Giuseppe Fiorelli:

“Alla gloriosa memoria dei cittadini napoletani che  caduti nelle pugne o sul patibolo  rivendicarono al popolo la libertà di proclamare con patto solenne ed eterno  il plebiscito del XXI ottobre MDCCCLX

 Il Municipio Consacra”.

Francesco Martines

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