Giorgio Gaber in concerto. Tre generazioni per il Signor G.

03.01.2014 18:53

 

È un appassionato revival su Giorgio Gaber il concerto dall’inequivocabile titolo: Il Signor G, recentemente messo in scena da una collaudata compagnia di giovani artisti. A Napoli, al cenacolo d’arte  e di cultura “Al Blu di Prussia”  in via Filangieri, protagonista Giacomo Casaula, nipote d’arte della presentatrice dello  spettacolo, Annamaria Ackermann,  la performance ha ottenuto il compatto consenso dalla platea, sia dagli appartenenti alla generazione che ha visto nascere il fenomeno Gaber sia da quanti hanno seguito il giovane artista lungo le diverse esperienze, da quelle di interprete del primo rock and roll italiano a quelle di attore, commediografo, regista, cantautore per antonomasia, iniziatore del genere teatro-canzone insieme a Sandro Leporini, tutti accomunati dal sentirsi, al semplice accenno dei suoi motivi,  riportati indietro nei decenni. Il tracciato di vita del grande comunicatore di emozioni e di stimoli viene accuratamente ripercorso dagli artisti, dal confronto con i modelli del jazz americano alle esperienze con i Rock Boys di Celentano alla grande  amicizia con Tenco e con Jannacci fino ai successi degli anni Sessanta: Non arrossire, La Ballata del Cerutti, Trani a gogò, Porta Romana, Così felice, Torpedo blu, Com’è bella la città, Barbera e champagne… Ci piace citarle, queste canzoni, la cui forza di seduzione ci avvinse e che questi giovani musicisti di terza generazione ci ripropongono, senza sapere quanto esse siano già nostre e quanto abbiano influenzato i nostri gusti, qualche nostra idea, qualche amarezza e qualche ribellione, giungendo così fino a loro… Parole e musiche si diffondono intorno con appropriate intensità timbriche ed espressive e sembra che questi giovani provino i sentimenti di molti di noi allora nel riportarci il ragazzo tenero e illuso che, struggentemente, si batté per il suo impegno etico e civile per poi esporre, contro tutte le bandiere cadute insieme al vento della speranza, il manifesto delle proprie critiche e delle proprie accuse.

 Gli anni Settanta segnano una svolta nella vita di Gaber che, quasi in cerca di un più diretto contatto col pubblico, lascia la televisione dando vita al teatro-canzone. Nasce il signor G. che recita sé stesso, pieno di contraddizioni e di dolore, attraverso monologhi e canzoni. Secondo i canoni della dialettica, egli affida ad un Dialogo tra un impiegato e un non so i suoi interrogativi irrisolti, la sua fiducia già velata di disincanto verso la vita, il suo grido d’amore e di ribellione per la Libertà per la quale conia una definizione programmatica, identificandola nella voglia e nella capacità di partecipare all’edificazione di un mondo migliore.  Nella stagione 1973-74, Far finta di esser sani è l’ultimo suo spettacolo in sintonia con la sinistra politica italiana. In Anche per oggi non si vola, si legge quasi un invito a un’inerzia delusa ai giovani che fingono di lottare contro il sistema. Il rapporto conflittuale  con la politica si accentua all’uscita di Polli  d’allevamento. Nel ’79, Se fossi Dio è ancora uno sfogo contro ogni politica e contro i partiti. Cadute speranze e illusioni del cambiamento di un mondo che risponda agli ideali di giustizia rimasti miseramente disattesi, egli va in cerca di uno spessore culturale che possa compensare il suo teatro della perdita degli entusiasmi degli anni’70. I suoi spettacoli, in uno dei quali ha come partner Mariangela Melato, l’accattivante Parlami d’amore, Mariù, il polemico Io, se fossi Gaber, continuano a raccogliere consensi, come il severo oppositore all’omologazione imperante del racconto teatrale Il Grigio. Nello spettacolo antologico che riassume vent’anni di teatro-canzone, unica nuova è Qualcuno era comunista, dura analisi delle speranze perdute, tema che torna in E pensare che c’era il pensiero con le nuove canzoni Destra-sinistra e Mi fa male il mondo. È del 2001 La mia generazione ha perso. La più amara delle sue belle e audaci, tenere e affascinanti canzoni: Io non mi sento italiano è pubblicata postuma nel 2003.

Una vita intensamente vissuta per partecipazione, quella di Gaber, la vita di un uomo libero dentro che ha avuto sempre il coraggio di dichiarare le sue verità: ne parliamo brevemente con i bravi musicisti che ce l’hanno riportato ed in particolare col cantante-musicista Giacomo Casaula che si è calato nel personaggio con grande equilibrio, pur raggiungendo a tratti con lui quasi quell’identificazione fisica propria di un’interpretazione che sia anche pensiero, studio, indagine critica e non pedissequa imitazione. 

Gli chiediamo quale compito si proponga l’opera della Fondazione Gaber, che ha creato in onore dell’artista il Festival Teatro canzone.

Come primo obiettivo, la tutela del patrimonio artistico e culturale dell'opera di Giorgio Gaber. Provvede anche a divulgare il pensiero dell'artista attraverso convegni ed incontri con cantautori e scrittori contemporanei molto vicini al lavoro gaberiano.

Voi, ascoltatori di terza generazione, come siete risaliti a Gaber e perché proprio a lui?

Grazie alla sorprendente forza e vitalità contenutistica dei suoi testi, monologhi e canzoni, opere che, pur essendo state scritte decenni fa, mantengono una straordinaria attualità proponendo situazioni e dando risposte quanto mai incisive e determinanti anche sul contesto culturale, politico e sociale odierno.

Se tu fossi stato Gaber, con gli ideali e le illusioni di allora, come pensi che ti saresti espresso?

Penso che la forma gaberiana del teatro-canzone sia stata un’intuizione artistica estremamente innovativa che, probabilmente, avrei cavalcato anch'io nelle medesime circostanze, in quanto fonde in un unicum artistico-culturale il concetto della prosa teatrale e la musica d'autore, adatto, quindi, a chi ama esprimersi attraverso queste due forme culturali e a chi deve riceverle.

Anche adesso avete i vostri ideali e le vostre illusioni: perché non le esprimete tramite cantautori dei nostri giorni?

Trovo che non ci sia allo stato nessun altro cantautore che possa raccontare con tanta incisività, come Gaber, gli ideali e le illusioni crollate. Esistono però altre forme di musica d'autore altrettanto raffinate e culturalmente valide che, al contrario, tendono ad un'analisi diversa, più intimista ed introspettiva e meno partecipativa.

Qual è il periodo creativo di Gaber che ancor oggi presenta  maggiore forza d’urto o d’attualità: quello più leggero, precedente gli anni Sessanta, quello mitico del decennio fino al ’70 o quello successivo, dove l’impegno si fa più criticamente polemico?

Penso che tutti i periodi della produzione artistica gaberiana presentino delle proprie peculiarità e forze d'urto, sia in ambito puramente artistico-musicale che in quello letterario e culturale. Ciascun periodo diviene così linfa e concime per le produzioni successive senza alcun contrasto e contraddizione, pur essendo queste sostanzialmente diverse le une dalle altre.

La vostra scelta di Gaber ha anche motivazioni sociali o politiche?

Giorgio Gaber era un grande artista e, come tale, viveva in maniera estremamente sensibile e profonda i disagi di natura politica e sociale, ma rimaneva un artista e non dava risposte politiche. Noi che abbiamo cercato d’interpretarne il pensiero, crediamo vada privilegiato tra gli interventi governativi un incentivo programmatico all'istruzione pubblica, alla ricerca universitaria, alla tutela delle biblioteche e del patrimonio artistico ed archeologico ed infine alla salvaguardia dell'incommensurabile bacino culturale prodotto dal nostro paese.

Dal punto di vista musicale, fate valutazioni sulla produzione di Gaber?

La musica del signor G è una musica colta, raffinata e piacevolmente suadente, condita di ironia, che strizza l'occhio allo swing e al jazz, armonizzandosi nella tradizione melodica tutta italiana e dando vita ad un genere originalissimo ed estremamente attuale e intrigante.

Molto bravi i musicisti del gruppo: Ernesto Tortorella alle tastiere; Francesco Oreste e Davide Trezza alle chitarre e Luca Senatore alle percussioni, che hanno dato voce e suoni a un concerto la cui profonda motivazione è quella di evitare che vada dimenticata o smarrita la testimonianza d’arte e di pensiero di Gaber e dei suoi ideali, dei quali si riconoscono eredi.

 

Bianca Desideri

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