Gay-Odin, una storia lunga cento vent’anni

04.08.2014 09:09

Non ci lasceremo tentare dalle molte e affascinanti vie alle quali c’invita il saporoso protagonista di queste nostre note. Non parleremo delle sue qualità energetiche, organolettiche, nutrizionali, cardioprotettrici e afrodisiache né della sua storia che quasi sgomenta, affondata com’è nei millenni, circa seimila. Preferiamo abbandonarci alla dolceamara tenerezza del delicato seme dal quale l’antica civiltà dei Maya seppe trarre un sensuoso e profumato alimento dedicandolo, come un incenso votivo, agli dei, unici in grado di scoprirne la dolcezza segreta. Se, nei millenni successivi, i semi del cioccolato portati da Colombo ai sovrani spagnoli caddero sulla roccia, quelli di H. Cortèz caddero sul terreno buono che ne permise una fioritura dal larghissimo raggio.

In Italia antesignana è Torino, la città dalla quale parte, un giorno del 1894, il cioccolatiere confettiere sperimentalista Isidoro Odin per trasferirsi, in cerca di spazi più ampi in ogni senso, a Napoli. Nel lungo, dorato tramonto del secolo, Napoli è la città matrice di cultura e di bellezza dove la belle-epoque danza la sua gioia di vivere sull’orlo di un abisso. Tra il Palazzo reale, la Chiesa ex-voto del re, il teatro San Carlo, l’antica Chiesa di San Ferdinando nel cui nome tutto il quartiere è battezzato, il Liberty del primo negozio di Odin si inserisce armoniosamente.

Il marchio di fabbrica dei cognomi intrecciati di Isidoro e della moglie, Onorina Gay, varca ben presto i confini regionali, pur restando cifra identitaria della città. Il passaggio di mano da Isidoro ai fratelli Castaldo, poi al loro delfino, l’avvocato Giuseppe Maglietta e, dopo, alla moglie Marisa del Vecchio e ai tre figli, Davide, Sveva, Dimitri, fa parte della storia secolare di una famiglia che non ha mai smentito l’idea vincente del fondatore: è l’ampiezza di orizzonti e di respiro che consente ad un’idea di realizzarsi e di durare e sono l’innovazione, la creatività, gli obiettivi di lungo periodo che consentono a un’azienda di crescere e di diffondersi.

I negozi Gay-Odin diffondono nelle diverse città italiane la loro cultura del sapore che si differenzia e si moltiplica nei ripieni dei ‘nudi’, nella leggera sfoglia delle’ghiande’ e delle ‘noci ma le infinite, possibili alchimie della materia prima sono una tentazione e un invito a conciliare gli opposti. Passare dalla inebriante bevanda bollente, logo di botteghe e di caffè letterari, di salotti e d’incontri galanti alla via del freddo è, per il marito di Sveva, Massimo Schisa, la trasgressione sulla quale scommettere. Dal negozio del centro antico il gusto del freddo si diffonde fino ad esigere uno spazio proprio la cui insegna, tuttavia, vuole affermare ancora una volta che nessuna innovazione deve estirpare le radici. Non a caso, sulla nuova ‘bottega’ di via Carducci, attrezzata per consentire il consumo sul posto del rampante gelato Gay-Odin, l’insegna richiama la ‘Cioccolata Foresta’, emblema secolare della ditta.

Nella Napoli immobile dei nostri giorni, il negozio Gay-Odin non è soltanto un nuovo esercizio e una nuova occasione di lavoro. È anche una sfida, una proposta, un esempio di etica dell’impresa. Perché alla base della politica della nostra fabbrica di cioccolato, accanto alla difesa a tutti i costi della sua posizione di eccellenza, vi è l’impegno civile e sociale di non licenziare i suoi collaboratori, gli artigiani-artisti che, secondo i più avanzati criteri della differenzazione della produzione, forgiano la deliziosa materia prima dei loro prodotti nelle forme imposte dalle diverse ricorrenze. Il laboratorio diventa in quei giorni una fucina di allegorie e di simboli, e la visita delle scuole ne conferma la lezione di cultura e di storia. Nella sala-vendita della Vetriera, arredata come una bella casa ottocentesca napoletana, Marisa ci racconta, da sagace imprenditrice, che il motivo ispiratore del nuovo spazio dall’emblematica insegna: ‘Cioccolata Foresta’, è quello di offrire ai giovani un’alternativa: sostituire al consumo degli alcolici con i loro infiniti pericoli quello del gelato nelle sue molteplici varianti e della cioccolata Foresta dalla impareggiabile, carezzevole leggerezza, la stessa che per diverse generazioni l’ha resa leit-motiv di ricorrenze e di feste e che simboleggia Napoli nel regalo all’amico, al parente lontano, a chi c’invita e a chi ci ama. Questa è la bandiera issata a poppa del nuovo veliero il cui carico, per una volta, in questa città che ne ha infinito e immediato bisogno, è un invito, un esempio, una lezione di civiltà e di speranza.

 

Anna Maria Siena Chianese

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